Se la cinematografia horror ci ha regalato tante memorabili protagoniste femminili – le iconiche Scream Queens – più rare sono le donne dietro la macchina da presa.
Rare, ma decisamente talentuose: da Jennifer Kent, che fece scalpore con il suo Babadook, a Chloe Okuno, al debutto con Watcher – dal 7 settembre al cinema – vediamo chi sono le registe dell’orrore che hanno lasciato il segno, utilizzando il linguaggio del cinema di genere per diffondere messaggi importanti.
Mary Harron – American Psycho
«Faccio un film dell’orrore, e non è un film dell’orrore. Nessuno dei miei film di genere funziona come un film di genere» ha affermato una volta la regista canadese Mary Harron: in effetti il suo lavoro più celebre, il grottesco e ironico American Psycho (2000), sfugge a qualsiasi facile etichetta.
Certo è che la folla parabola di Patrick Bateman (un gigantesco Christian Bale) – dal romanzo di Brest Easton Ellis – si è decisamente fatto notare. Non sono mancate nemmeno le critiche femministe alla misoginia del protagonista… ma ad Harron sono bastate poche parole per smentirle: «è ridicolo. Sono un prodotto del femminismo. Senza il femminismo, non farei film.
Jennifer Kent – Babadook
Nel 2014 al Sundance Festival (proprio come “Watcher” quest’anno) un horror atipico e (s)coinvolgente attira l’attenzione: si chiama Babadook, ed è scritto e diretto dall’australiana Jennifer Kent, che per il suo lungometraggio d’esordio si ispira al corto Monster, realizzato nel 2005.
È subito cult: le atmosfere, l’indagine psicologica, il mostruoso come metafora dei traumi e della depressione. A Kent basta portare sullo schermo una madre vedova, il suo bambino, e un inquietante libro pop up – Mister Babadook, appunto – per regalare agli spettatori quello che molti considerano “l’horror perfetto”.
Coralie Fargeat – Revenge
Un altro debutto, stavolta al Toronto Film Festival nel 2017. Coralie Fargeat arriva da Parigi con un film che sfugge alle categorie, riportando in auge il filone dei rape and revenge (il titolo parla chiaro: Revenge) e riuscendo a coniugare femminismo ed exploitation.
La vendetta di Jen (l’italiana Matilda Lutz) dopo lo stupro diventa una “carneficina in chiave pop” (parola del prestigioso The Hollywood Reporter), e un atto di accusa al patriarcato realizzato con uno sguardo d’autore – anzi, d’autrice – che ha fatto la gioia dei cinefili.
Nota per gli appassionati: Fargeat ha recentemente diretto un episodio di “The Sandman“, la serie tratta dal capolavoro a fumetti di Neil Gaiman.
Julia Ducournau – Raw e Titane
Restiamo in Francia, più precisamente al Festival di Cannes, dove debutta nel 2016 la parigina Julia Ducournau con Raw. Un film crudo, in tutti i sensi: racconta infatti l’escalation di Justine, da timida studentessa vegetariana a famelica cannibale.
Estremo? Scandaloso, scioccante? È solo un assaggio: nel 2021 Ducornau torna sulla Croisette, stavolta per conquistare la Palma d’Oro (prima di lei era riuscita nell’impresa solo Jane Campion nel lontano 1993) con il futuristico e trasgressivo Titane.
Gli aggettivi si sprecano: per alcuni è il “film del domani”, per altri un’allucinazione gore. Certamente è un terremoto, che lascia esterrefatto anche il Presidente della Giuria Spike Lee, sincero nell’affermare `«Non avevo mai visto un film in cui una Cadillac mette incinta una donna con cui si è accoppiata».
Dal canto suo, la regista ha le idee chiare: «credo che la mia vittoria e l’interesse per il film c’entrino con il fatto che la mia generazione, in tutto il mondo, non ha mai avuto vergogna ad abbracciare il codice dell’horror, in senso lato, come linguaggio, modo di pensare.» Non possiamo che sottoscrivere.
Chloe Okuno – Watcher
«Volevo catturare quella sorta di paura costante e sgradevole che accompagna molte donne per tutta la vita, esprimendola attraverso il personaggio di Julia.» Chloe Okuno (classe 1987) descrive così le motivazioni che l’hanno spinta a scrivere e dirigere Watcher, il suo primo lungometraggio dopo una serie di corti e l’apprezzato “Storm Drain”, considerato tra i migliori segmenti dell’antologia horror V/H/S/94.
Missione compiuta: questo horror psicologico sfrutta gli stilemi di genere per affrontare con attenzione tematiche sociali tristemente attuali come gaslighting, stalking, alienazione. Okuno indica tra le sue fonti d’ispirazione (insieme a David Fincher, Sofia Coppola, Satoshi Kon, Roman Polanski, Krzysztof Kieslowski) proprio Mary Harron, per come si è distinta nel tradurre paura, solitudine e alienazione.
Nel suo Watcher, dal 7 settembre al Cinema, la paura è quella che travolgerà Julia (Maika Monroe, di nuovo protagonista dopo l’iconico It Follows), una giovane donna arrivata a Bucarest per seguire il marito nel suo nuovo lavoro.
Mentre la città viene sconvolta dagli omicidi di un serial killer, si accorge di essere costantemente osservata da un uomo dal palazzo di fronte. Tra realtà e paranoia, tra isolamento e impossibilità di comunicare, Julia sprofonda in un vero e proprio incubo ad occhi aperti a cui nessuno sembra credere. Nemmeno il marito.
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